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Daniele Irsuti
frontend developer

Vivere nel vuoto del remote working: tra libertà e isolamento

Riflessioni sul remote working, la solitudine e le aspettative infrante. Come la libertà del lavoro remoto può trasformarsi in una routine isolante

Questo era come mi vedeva un vecchio amico (che mi ha disegnato): un programmatore smanettone, dinamico e appassionato

Fisso la finestra con lo sguardo vuoto, il polso che si piega sotto il peso della mia testa poggiata su di esso. Oggi c’è il sole. Ieri era nuvoloso. Fine delle novità.

Oggi è stato un giorno identico a ieri. Mi sono svegliato, ho fatto colazione davanti alla finestra, proprio come ieri, con l’unica differenza che ieri era nuvoloso, oggi c’è stato il sole. L’unica cosa diversa che posso raccontare agli amici è il tempo di ieri e di oggi.

Mi ero immaginato una vita dinamica, con il PC sempre sotto braccio, pronto ad aprirlo ovunque e in qualsiasi circostanza per fare il mio lavoro. Quello che mi immaginavo era una vita in movimento: non cercavo un comodo lavoro d’ufficio, ma oggi mentirei a me stesso dicendo che domani proverò a fare questo. È difficile programmare con uno schermo da 13 pollici quando a casa hai una comoda tastiera, un display ampio e un mouse ergonomico.

Guardo il mondo attraverso una finestra, che sia quella di casa mia o quella di questo schermo. Lo stesso schermo su cui ora sto scrivendo del mio malessere interiore, sperando che domani sia diverso, più dinamico, più divertente.

Invece, stasera me ne andrò a dormire con i miei demoni: quel codice non funziona, non sono stato produttivo, l’IA sostituirà ciò che sono, e mi immagino un futuro in cui sarò sempre più irrilevante.

Minchia, mi dico, sono la persona più pesante dell’universo per pensare tutto questo.

Questo lavoro mi ha dato la libertà di vivere dove voglio, di farlo come voglio… quindi perché non sono capace di viverlo al massimo delle mie possibilità?

Se da un lato le opportunità di guadagno sono aumentate, dall’altro passo le giornate nel totale silenzio e nella solitudine. Fatico a socializzare, a creare legami solidi, e ho barattato ogni momento sociale per un maggiore guadagno. E questo, devo ammettere, mi pesa.

Mia madre dice sempre che sono “molto selettivo” e forse ha ragione. Non trovare un ambiente in cui possa provare a socializzare, anche solo poco per volta, ogni giorno per conoscersi meglio, è qualcosa che mi angoscia.

Come posso sperare che qualcosa cambi se non ho idea di come cambiare la mia situazione?

Chiudo gli occhi un attimo, sospiro e immagino come sarebbe se domani fosse davvero diverso.

Ma poi li riapro. Il cursore lampeggia ancora sullo schermo.

Alla fine, il codice non si scrive da solo.

Né la mia vita.

Daniele Irsuti

Scritto da Daniele Irsuti

Specializzato in applicazioni React, React Native e vanilla. È un appassionato di grafica, psicologia e scrittura